Con sentenza 7313/16 depositata il 13 aprile, la Corte di Cassazione si è pronunciata favorevolmente sul caso di un uomo che si era visto negare il risarcimento Inail dopo un incidente in itinere in bicicletta.

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In primo grado il Tribunale di Livorno aveva riconosciuto le ragioni dell’uomo, ritenendo che la distanza cas-lavoro fosse troppo ampia per essere coperta a piedi, in considerazione di esigenze familiari per le quali doveva assistere una persona anziana; ma la stessa distanza veniva considerata non così ampia per l’utilizzo di un mezzo pubblico, tra l’altro non disponibile. La compagnia assicuratrice aveva fatto ricorso in Appello e l’uomo si è visto ribaltare la sentenza. Per il Giudice di Merito non era stata provata la necessità di ricorrere al mezzo privato per esigenza familiare e il suo utilizzo, soggetto ai pericoli del traffico, andava considerato non necessitato.

Il successivo ricorso in Cassazione del lavoratore ha ribaltato nuovamente la sentenza d’Appello e ha stabilito che la valutazione del Giudice di Merito che tira in causa il criterio della breve distanza da coprire tra il lavoro e l’abitazione, non è sufficiente per accollare la responsabilità dell’accaduto al lavoratore, che ricordiamo era stato investito da un motociclo mentre rientrava a casa al termine del turno.

La Suprema Corte ricorda che, nel valutare la scelta del mezzo privato da parte del lavoratore, vanno presi in considerazione criteri di normalità e ragionevolezza che derivano dalla carta costituzionale, come la libertà di fissare la propria dimora, le esigenze familiari, la tutela del lavoro in ogni sua forma e la protezione del lavoratore in caso di infortunio. L’articolo 12 del Dlgs 38/00 che disciplina l’infortunio in itinere deve quindi essere considerato “una norma elastica”, da interpretare tenendo ben presenti sia i valori cosituzionali sia l’esigenza di un più intenso rapporto familiare nell’intervallo lavorativo.

Rilevante inoltre la tendenza ad un uso sempre più frequente della bicicletta come mezzo di trasporto privato a fronte di politiche che ne incentivano l’utilizzo quale mezzo che riduce costi economici, sociali e ambientali.

L’ultimo tassello è aggiunto dal recente collegato ambiente (Legge 221/15) che, pur essendo successivo all’infortunio in oggetto, doveva essere preso ugualmente in considerazione dalla Corte d’Appello in chiave interpretativa. Tale collegato integra la materia dell’infortunio in itinere chiarendo che “l’uso della bicicletta deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato”.